Indice
- Inbound marketing: definizione e differenze rispetto all’outbound
- Cos’è l’Inbound Marketing
- Il Funnel 2018: la concezione tradizionale
- Il nuovo Funnel del 2019: il flywheel
- Evoluzione del funnel 2022: Esagono di Hankins e Messy Middle
- Gli strumenti: sinergia e comunicazione tra tutti i canali
- Perché scegliere l’inbound
- Vantaggi e benefici per le aziende
INBOUND MARKETING : DEFINIZIONE E DIFFERENZE RISPETTO ALL'OUTBOUND
Outbound marketing e inbound marketing sono metodologie che hanno come lo scopo di far conoscere un brand e far aumentare le vendite, ma hanno caratteristiche profondamente diverse.
Cosa significa inbound marketing? Tradotto dall’inglese inbound marketing significa marketing “in entrata”, concetto sicuramento curioso, ma che acquisterà senso leggendo questa pagina.
La strategia dell’inbound marketing implica “farsi trovare dai clienti” mettendo a loro disposizione il know-how dell’azienda per rispondere ai bisogni che manifestano attraverso una ricerca su Google.
Se un tempo agli esperti di marketing bastava bombardare di email e messaggi i potenziali clienti per far acquistare prodotti, approfittare di offerte, o far conoscere il brand di un’azienda, ora questo metodo porta sempre meno risultati. Il motivo è semplice: gli utenti si sono evoluti e hanno imparato a dribblare abilmente le informazioni non richieste che interrompono le loro azioni sulla rete, come ad esempio visitare un sito, guardare un video, leggere la propria posta elettronica.
La strategia dell’interruzione pubblicitaria fa parte dell’outbound marketing, che nella nostra lingua corrisponde a marketing “in uscita”. Secondo questo metodo è l’azienda a dover uscire per pescare i potenziali clienti in un mare di proposte, buttando tantissimi ami con esche allettanti.
Per capire meglio cosa sia l’outbound marketing basta pensare agli spot in tv che vengono trasmessi lanciati mentre si guarda un programma. Il messaggio di questa pubblicità può colpire qualche utente stimolandolo all’acquisto, ma la maggioranza di coloro che lo vedono restano disinteressati o ne sono addirittura infastiditi.
Cosa diversa è quando si visita un e-commerce alla ricerca di un prodotto e appare un banner con uno sconto per qualcosa di affine alla ricerca che si stava conducendo. In questo caso l’azione è molto più efficace, perché l’utente è già interessato a ciò che gli viene proposto.
COS'E' L' INBOUND MARKETING
Ma ora torniamo all’inbound marketing. Lo abbiamo definito marketing “in entrata”, il che, tuttavia, non coincide semplicemente con il creare uno splendido sito internet e mostrare i prodotti per vedere un elevato numero di clienti entrare e fare acquisti.
Nell’inbound la strategia non è quella della proposta diretta, ma quella in cui si acquisisce la fiducia della persona che ha un bisogno (latente o tangibile) e va sul motore di ricerca per trovare una soluzione.
Una volta attirato l’utente grazie a dei buoni contenuti che rispondono alle sue domande, sarà lui stesso a lasciarci il suo contatto per avere altre informazioni interessanti. A questo punto sarà compito del marketer analizzare il comportamento del potenziale cliente e agire al momento giusto per arrivare alla conversione.
Per comprendere tutti i benefici derivanti da questa metodologia leggi anche: "Inbound marketing: aspettare è un costo"
Realizzare una campagna di Inbound marketing significa dar vita a una strategia coordinata e sinergica tra le diverse metodologie e strategie online esistenti, monitorando e analizzando in tempo reale l’andamento e i dati di performance di questi canali. In tal modo si avrà la possibilità di comprendere quali risultano più produttivi ed efficaci.
Tra i canali, possono venire usati: SEM; SEO; SEA; SMM; Content Marketing; Landing Page; Lead Generation; E-mail Marketing; Marketing Automation.
Facciamo un esempio per capire meglio come vengono usati alcuni di questi strumenti.
Ipotizziamo che una persona voglia acquistare nuovo smartphone, vada su Google e digiti: “caratteristiche dei migliori smartphone”.
La SERP dà come primi risultati quelli a pagamento con la sigla “Ann.”, quindi frutto di una campagna PPC (SEM - SEA), poi i siti o i social che rispondo nel migliore dei modi a questa query di ricerca (SEO - Landing Page - Content Marketing).
L’utente, se esclude gli annunci a pagamento, apre una pagina tra quelle indicate dal motore di ricerca e, trovando l’informazione che cercava, può decidere di compiere un’azione, come ad esempio:
- Compilare un form per iscriversi a una newsletter (Lead Generation)
- Compilare un form per ottenere in cambio materiali d’approfondimento o per ulteriori informazioni (Lead Generation)
- Scaricare una guida con le caratteristiche degli ultimi modelli di smartphone (Lead Generation)
- Cliccare su un link e finire in un e-commerce che vende smartphone
- E molte altre azioni ancora.
Il processo di acquisto non è sempre uguale, ma dipende dal pubblico a cui ci rivolgiamo e dalla tipologia di prodotto o servizio che viene venduto.
Bisogna considerare che le persone controllano sempre di più il flusso di informazioni e hanno coscienza del loro ruolo all’interno del processo d’acquisto. L’inbound marketing tiene conto della tipologia di utente, delle sue caratteristiche e del momento giusto in cui stimolarlo all’acquisto o in cui dargli ulteriori informazioni.
Per approfondire questo punto leggi anche: "Strategie di vendita, come trasformare utenti in customers "
IL FUNNEL 2018: LA CONCEZIONE TRADIZIONALE
Siamo giunti all’imbuto del marketing, ovvero all’ormai famoso “funnel”.
Il funnel di vendita è il percorso guidato che una persona fa dal momento in cui cerca informazioni su un prodotto fino a quando decide di comprarlo. In realtà le azioni di marketing proseguono anche dopo l’acquisto.
Il viaggio del potenziale cliente (Buyer Journey) che diventa nostro compratore è una discesa nel funnel di vendita che comprende diverse fasi:
Come già ripetuto in precedenza, per attirare i navigatori del web è fondamentale far trovare loro le risposte che cercano, nel momento in cui le stanno cercando!
Per sapere come attrarre un maggior numero di visitatori potenzialmente interessati al tuo business leggi anche "Lead Generation: come definire al meglio le Buyer Personas"
Un blog sul sito aziendale è un ottimo strumento attraverso il quale pubblicare contenuti mirati.
Dopo aver effettuato molteplici ricerche in grado di definire il contesto all’interno del quale ci troviamo, le parole chiave più idonee al business e aver individuato la buyer persona (archetipo semi-immaginario del nostro cliente tipo / pubblico a cui ci vogliamo rivolgere), non resta che strutturare un piano editoriale e pubblicare articoli esaurienti.
La definizione di Buyer Persona appare di semplice applicazione, tuttavia, cela dietro di sè numerose ricerche e analisi prima di poter risultare pronta ed applicabile.
Naturalmente il blog per dare buoni risultati si avvale della SEO e delle attività che si possono fare sui social network.
La fase successiva è quella della conversione, ovvero il momento in cui l’utente, da anonimo, decide di fare un’azione e diventare un lead.
Dopo aver guadagnato l’interesse e la fiducia dell’utente grazie ai nostri contenuti ben scritti, viene il momento di invitarlo a lasciarci i suoi contatti compilando un form.
Per far sì che sia l’utente a fornirci alcuni dei suoi dati e darci il permesso di metterci in contatto con lui dobbiamo stimolarlo, invogliarlo a scaricare un contenuto premium affine alla tematica trattata; come l’iscrizione gratuita a un webinar o il download di un documento in grado di fornire ulteriori informazioni verticali relative all’argomento dell’articolo che ha letto.
Per arrivare alla chiusura, ossia alla vendita, è necessario comunicare con l’utente in modo corretto, inviando e-mail personalizzate e invitandolo a leggere contenuti sempre più specifici, a seconda di dove si trovi all’interno del nostro funnel.
Per approfondire l'argomento leggi anche: "Fare lead management attraverso i workflow"
Prima e dopo la vendita è importante nutrire l’interesse del cliente con contenuti di valore. Non bisogna interrompere le azioni di marketing sull’utente appena incassato il primo ordine.
Infatti, dopo la vendita bisognerebbe continuare a deliziare il nuovo cliente per fare in modo che parli bene di noi e coinvolga i suoi conoscenti (o followers nel caso dei social) diventando un promotore del nostro brand.
Inoltre si possono proporre altri prodotti allo stesso compratore con strategie di up-selling e cross-selling.
Quest’ultimo step è davvero fondamentale, tanto da aver ispirato un nuovo concetto di percorso di vendita, che dà maggior peso al “deliziare” il cliente dopo che ha comprato.
POSIZIONE DEL FUNNEL E TIPO DI COMUNICAZIONE
Per descrivere la posizione in cui si trova una persona all’interno del funnel e, quindi, differenziare le azioni e i contenuti da proporgli, l’inbound marketing prevede tre macro stadi:
ToFU
(Top of Funnel)
Nella parte intermedia dell’imbuto, il Middle of the Funnel, gli utenti cominciano ad individuare la soluzione ai loro problemi, ma non sono ancora pronti per fare un acquisto. In questa fase approfondiscono la loro conoscenza sul prodotto o servizio per cui stavano cercando notizie, cercando soluzioni di acquisto alternative.
Gli articoli scritti per questa fase devono dare maggiori informazioni e guidare verso l’ultimo step in cui finalmente si prepara l’utente alla vendita e si descrivono i prodotti dell'azienda.
In questi primi due stadi del funnel la metodologia dell’inbound marketing agisce con l’obiettivo finale di lead generation utilizzando, tra gli altri, strumenti di marketing automation, quali ad esempio il workflow, al fine di far scendere gli utenti tra le fasi del Funnel.
BoFu
(Bottom of Funnel)
Arrivati al BoFu gli utenti, avendo trovato tutte le informazioni utili per la scelta nelle fasi precedenti, sono pronti a diventare clienti, quindi i contenuti descrivono precisamente i prodotti dell’azienda e spingono ancora di più verso l’acquisto.
IL NUOVO FUNNEL DEL 2019: IL FLYWHEEL
È stato annunciato a Boston, durante l’evento INBOUND 2018, da Brian Halligan, il passaggio dal funnel al flywheel
La circolarità del volano (flywheel) e la sua capacità di incamerare e rilasciare energia si contrappone già graficamente al concetto d’imbuto (funnel), che suggerisce, invece, un esaurirsi dell’energia mentre ci si avvicina all’estremità inferiore.
Nel nuovo concetto della metodologia Inbound del flywheel la forza che si impiega per ottenere un nuovo cliente non si disperde, ma, anzi, incrementa la spinta e la forza dell’azione permettendo alla “ruota” del marketing di continuare a girare.
È stato annunciato a Boston, durante l’evento INBOUND 2018, da Brian Halligan, il passaggio dal funnel al flywheel
Il principale difetto del funnel è quello di essere poco efficace dopo la chiusura, quindi nel momento in cui bisogna continuare a deliziare il cliente per non perderlo e per incoraggiarlo nel promuovere la nostra azienda attraverso le sue conoscenze reali e online.
Le fasi che devono continuare a far ruotare il flywheel sono 3 e non 4 come nella precedente concezione di funnel:
Attirare
(Attract)
Coinvolgere
(Engage)
Fidelizzare
(Delight)
Dall’immagine è chiaro come le 3 fasi si sospingano una con l’altra e come al centro di tutto ci siano i clienti.
Arrivati all’ultima fase la strategia non si esaurisce e non si trascura il cliente acquisito, ma l’inerzia fa ricominciare il ciclo dal primo punto, continuando a fidelizzare la persona e a proporgli ciò che può interessargli realmente.
Poniamo in essere, nell’ultima fase come in tutte quelle precedenti, quella che chiamiamo attività di Lead Nurturing.
La fase di chiusura non è più esplicita, ma è parte integrante dell’engage. Anche questo fa capire quanto elevata sia la sinergia tra tutte le fasi a fare in modo che avvengano gli acquisti.
Il tuo business trae beneficio da questa metodologia perché crea clienti soddisfatti e non infastiditi da pubblicità invadenti. Una persona soddisfatta dall’acquisto e da come l’azienda risponde ai suoi bisogni sicuramente parlerà bene del brand, attirando nuovi clienti.
Nel flywheel, come ormai è chiaro, sono i clienti stessi a generare la forza necessaria per innescare e mantenere il sistema attivo. Naturalmente non esiste il moto perpetuo del volano, perché la quantità di moto dipende da:
- Velocità di rotazione
- Attrito
- Peso e dimensioni
La velocità del volano aumenta se le forze applicate aumentano, quindi in questo schema circolare si continua a dare energia anche nel “fidelizzare” il cliente, mentre nell’imbuto vi era un calo in questa fase.
L’attrito è un elemento determinante nel moto di un volano. È colpa di questa forza opposta se si frena fino a fermare definitivamente il meccanismo.
Clienti non soddisfatti, dovuti alla mancanza di allineamento tra area vendita e marketing, sono causa di attrito e quindi di un rallentamento nella crescita delle vendite.
Se si individuano i fattori che fanno allontanare i clienti dall’azienda e si correggono, attirandoli di nuovo e mantenendoli nel volano, l’attrito sarà minore e quindi il meccanismo sarà più efficiente.
Le dimensioni del flywheel crescono se aumenta il numero di clienti felici e se ognuno di loro fa diversi acquisti ed è fortemente legato al brand.
Riassumiamo i concetti base del volano:
La crescita dell’azienda dipende dalla soddisfazione dei clienti
Bisogna attirare i clienti con contenuti di valore favorendo il riconoscimento dell’azienda
Coinvolgere i clienti senza pensare unicamente alla vendita, ma pensando a creare relazioni durature
Fare in modo che le energie siano applicate con efficienza in tutte le fasi, continuando a deliziare il cliente dopo l’acquisto
Evoluzione del funnel 2022:
Esagono di Hankins e Messy Middle
Come anticipato, tutte le metodologie basate sulla tecnologia digitale sono soggette a evoluzioni sempre più rapide.
Al di là delle innumerevoli varianti dei modelli precedentemente illustrati, che arricchiscono (senza stravolgere) le soluzioni esistenti, ci sono nuove teorie altamente rivoluzionarie, volte a superare sia il funnel tradizionale che il flying wheel.
Una delle più importanti evoluzioni del funnel è basata sulle innovative idee di James Hankins che è arrivato a definire uno speciale esagono, chiamato appunto “Esagono di Hankins” (Hankins Hexagon).
Il nuovo schema illustra il processo che vede protagonista il consumatore mentre si muove all’interno del proprio percorso di acquisto.
La teoria evidenzia una moltitudine di percorsi differenti che il consumer potrebbe intraprendere.
In base alle inclinazioni personali le persone possono prendere una scorciatoia, soprattutto nel caso in cui l'acquisto sia abituale o di rilevanza contenuta. Diversamente il percorso è quello più lungo e tortuoso, nel caso di beni importanti come l’idea di comprare una nuova vettura.
Hankins ha scoperto che all'interno delle singole categorie esistono specifici (e limitati) percorsi effettivamente seguiti dalla maggior parte dei consumatori e questi percorsi possono essere identificati se il marketing manager ha in mano i dati giusti.
I punti focali
Va da sé che conoscere questi “common path” è estremamente prezioso perché consente ai professionisti di concentrarsi sui punti di contatto e sulle connessioni maggiormente rilevanti in termini di conversioni.
A seconda del tipo di azienda e delle diverse categorie di prodotto si può individuare il percorso dominante, mentre le linee tra gli snodi sono in realtà costituite dalle probabilità del verificarsi di determinate azioni del consumer. D’altronde l’essenza stessa dell’advertising – sia tradizionale che online – è quella di aumentare la probabilità che un consumatore scelga il brand o il prodotto pubblicizzato rispetto a quelli dei competitor.
I sei angoli dell’esagono rappresentano altrettanti snodi:
- “No need to buy”. In questa fase il cliente non esplicita un bisogno esplicito d’acquisto, sebbene si trovi comunque esposto al livello comunicativo e di input da parte dei Brand.
- Valutazione delle alternative. Presa di coscienza da parte del cliente che inizia a considerare la possibilità di acquistare una determinata tipologia di prodotto.
- Comparazione. In questa fase il cliente valuta tra diverse opzioni che lo mettono in condizione di comparare diverse soluzioni e Brand contemporaneamente.
- Ricezione dei trigger d’attivazione. Rappresenta l’evento scatenante per l’utente che lo spinge ad interessarsi e attivarsi per effettuare un acquisto.
- Presa di decisione.
- Post acquisto. Soddisfatto il proprio bisogno il cliente si gode il proprio acquisto e si prepara, inconsapevolmente, ad entrare in un nuovo percorso d’acquisto.
Questo modello aiuta proprio a individuare le priorità e a scegliere gli investi più giusti rispetto al caso concreto.
Per approfondire l'argomento leggi anche: "Trend Inbound 2022: l’Esagono di Hankins rivoluziona il funnel"
Messy Middle
L’Esagono di Hankins, per quanto importante e originale, nasce sulla spinta di ulteriori studi e approfondimenti all’interno della galassia dell’Inbound Marketing.
Uno studio in particolare ha posto le basi per ulteriori evoluzioni che sono state presentate nel corso dell’ultimo anno: parliamo del c.d. Messy Middle, fortemente interessante anche perché sviluppato internamente a Google.
In cosa consiste
Il modello, nello specifico, è stato creato dal team di Market Insights per provare a spiegare (e semplificare) il caotico percorso che il consumatore compie tra l’istante in cui realizza di aver bisogno di un prodotto o di un servizio e il momento in cui decide di procedere con l’acquisto.
Il presupposto è dato dal fatto che i consumatori sono sempre più esposti all’offerta massiccia di prodotti e brand. Ne consegue la percezione di una infinita disponibilità che a sua volta genera un trigger, ovvero un impulso di acquistare un prodotto ritenuto necessario.
L’impulso di base conduce il consumatore lungo un processo di acquisto più o meno intricato evidenziato all’interno di questo schema.
Sostanzialmente il consumatore avvia una raccolta di informazioni (che viene definita Exploration).
Una volta completata questa fase ne parte una di valutazione (Evaluation): il consumer restringe la propria scelta eliminando prodotti o brand non in linea con le sue esigenze.
Ciò che complica il processo è che in questa fase possono emergere nuove informazioni, con nuovi brand e ulteriori prodotti, che inducono il consumatore a tornare alla fase di esplorazione e poi a una seconda valutazione.
Il loop è destinato a ripetersi finché il consumatore non entra in possesso delle informazioni chiave per prendere la decisione di acquisto.
Per approfondire l'argomento leggi anche: "Il Messy Middle di Google rivoluzione le teorie sul funnel di vendita"
GLI STRUMENTI:
SINERGIA E COMUNICAZIONE TRA TUTTI I CANALI
L’arsenale dell’inbound marketing comprende un'ampia serie di armi digitali che possono essere usate sinergicamente per ottenere i risultati che ci siamo prefissati. Non è detto che debbano essere usate tutte, ma è giusto che un Inbound Specialist le conosca e sappia come e in quali fasi del funnel (o del flywheel) metterle in campo.
Vediamo quali sono i principali strumenti per una strategia di inbound marketing.
Blog e contenuti
Partiamo dalla chiave di volta dell’inbound: i contenuti, quindi parliamo di Blogging.
Se vogliamo fare in modo di rispondere al meglio alle domande dei potenziali clienti dobbiamo scrivere blog post interessanti e facili da leggere. Avere un blog con temi allineati al nostro business, che curiamo e teniamo aggiornato, è il miglior modo per far conoscere il brand e aumentare la propria credibilità.
Buyer Persona
Non si possono realizzare contenuti di qualità se non si sa a chi si parla. La Buyer Persona è la rappresentazione, il prototipo, del potenziale cliente a cui vogliamo dare una risposta attraverso i nostri articoli. Se all'inizio della strategia non si individua correttamente la Buyer persona, la strategia non sarà in grado di portare risultati.
SEO, SEA e posizionamento
Visto che l’inbound si fonda sul principio del “farsi trovare dai clienti”, allora il posizionamento sui motori di ricerca è fondamentale. In questo è determinante la SEO fatta attraverso un’attenta analisi delle parole chiave. Attendendo di arrivare in cima alla SERP tra i risultati organici, ci si può avvalere di campagne a pagamento, quindi della SEA.
Call to Action
Il cliente ora è arrivato sul nostro sito o sul blog e bisogna chiedergli di compiere un’azione per iniziare a conoscerci meglio e a diventare nostro cliente. È il momento della “Call to Action”, la chiamata all’azione che viene fatta inserendo un pulsante nella pagina che sta visitando, e che porta ad una landing page che avrà come obiettivo la conversione.
La call to action deve essere chiara, ossia deve contenere un verbo d'azione che dica all'utente cosa fare, ad es. clicca qui per scaricare la guida
Come detto in precedenza, l’azione può essere quella di scaricare un contenuto gratuito, iscriversi ad un webinar oppure chiederci informazioni via email.
Landing Page, Form, Lead Generation
Da una call to action si può finire su una Landing Page in cui, attraverso un Form, l’utente lascia i propri dati per ottenere ciò che gli abbiamo promesso. Proprio qui l’utente si converte in contatto commerciale, quindi stiamo facendo Lead Generation.
CRM: gestione delle relazioni con i clienti
L’analisi dei profili dei potenziali clienti e dei clienti acquisiti viene fatta grazie a software per Customer Relationship Management, comunemente chiamati CRM. Le strategie per migliorare le relazioni con i clienti vengono fatte attraverso questi strumenti che aiutano la fidelizzazione e l’aumento delle vendite, in un'ottica di Marketing Automation.
Leggi anche: "Marketing automation e CRM, 5 vantaggi di una soluzione ottimale"
perché sCEGLIERE L' INBOUND MARKETING
Attirare l’attenzione di una persona con un’azione di marketing oggi non è semplice. Le persone da un lato disperdono l’attenzione tra i molteplici canali su cui vengono veicolati i messaggi pubblicitari, mentre dall’altro sono sempre più attente a non farsi “scocciare” da tutto ciò che può interrompere ciò che stanno guardando o ascoltando.
È per questi motivi che l’outbound marketing deve essere utilizzato in casi specifici e cercando di limitare il fastidio che genera nel cliente.
Sembra già chiaro il motivo per cui un’azienda debba scegliere l’inbound marketing, ma approfondiamo ancora di più il discorso.
I costi per le strategie di inbound marketing sono più contenuti rispetto a quelli dell’outbound e il ritorno dell’investimento (ROI) è maggiore nel primo caso. Già questi dati sono un buon biglietto da visita per l’inbound marketing, ma c’è di più.
La strategia dell’interruzione, oltre a non colpire la maggior parte degli utenti, è anche un’azione che si esaurisce nel breve termine, mentre l’inbound continua a dare risultati anche nel lungo periodo.
La qualità del lead che si ottiene con l’inbound è sicuramente maggiore. Ricordiamoci che è stato l’utente a fare una ricerca e a venire sul nostro sito trovando la risposta alla sua domanda, quindi si instaura un rapporto di fiducia sulla base di un desiderio che già aveva.
Inoltre, sarà lapalissiano ma è giusto sottolinearlo comunque, le strategie di inbound marketing si sviluppano sui canali più usati oggi, quelli online e in particolare gli smartphone. Quelli che erano i media così detti “tradizionali” (tv, radio, carta stampata), ormai sono stati superati dai device che permettono di navigare in rete per reperire informazioni, guardare video, ascoltare musica.
Infine, l’andamento delle campagne d’inbound possono essere monitorati con semplicità e si possono modificare le strategie riadattandole per ottenere i risultati desiderati.
Vantaggi e benefici per le aziende
L’inbound marketing è la metodologia più richiesta oggi dalle aziende. Il motivo di questa scelta è molto semplice: è una strategia efficace che fa crescere le vendite e fidelizzare i clienti acquisiti.
Sia per chi è nel mercato B2B, sia chi è nel B2C, l’opportunità di farsi trovare dai clienti è davvero allettante, perché inizia il dialogo con il potenziale cliente da un punto di vista vantaggioso, quello di chi risponde esaurientemente alle sue domande e senza chiedere nulla in cambio.
I leads che si ottengono con questa strategia sono maggiori e di qualità. Acquisendo la fiducia dell’utente anonimo, grazie ai nostri contenuti, si rende più semplice la sua decisione di lasciarci il contatto. Inoltre, nella fase di vendita vera e propria, si avranno maggiori informazioni sui Touch Point che si dovranno trattare per convincere il lead a diventare cliente.
Anche le successive azioni che si fanno sul lead sono poco invadenti: i contenuti e le offerte che riceve dall’azienda sono relative ai suoi interessi reali e alla sua propensione all’acquisto o meno.
Nel report “State of Inbound 2018” di HubSpot, tra i tanti risultati riportati, è molto interessante il dato che vede il 53% dei marketers indicare l’inbound marketing come approccio che fa aumentare il ROI (ritorno dell’investimento).
Oltre a tutto ciò bisogna anche pensare all’importanza del “passa parola”. L’inbound mira a creare clienti soddisfatti, che si trasformano in ambasciatori del brand e che inviteranno altre persone ad acquistare i nostri prodotto/servizi.
Il nuovo modello del flywheel pone particolare attenzione alla fase post-vendita proprio perché la fidelizzazione alimenta l’incremento delle vendite.
Chiudiamo riassumendo i vantaggi dell’inbound per l’azienda:
Aumento del numero dei leads
Aumento della qualità dei leads
Abbassamento dei costi delle strategie di marketing
Aumento del ROI
Maggiore fidelizzazione dei clienti
Incremento delle vendite
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Luca Targa, CEO di Inside